PRESENTAZIONE
DEL NUOVO CODICE DI AUTODISCIPLINA
DELLE SOCIETA' QUOTATE
Intervento del Presidente della Consob
Lamberto Cardia
Borsa Italiana - Palazzo Mezzanotte
Milano, 14 marzo 2006
La prima versione del Codice di Autodisciplina delle Società Quotate è stata adottata nel 1999, alla vigilia degli scandali di grandi società statunitensi, quali Enron e Worldcom, che hanno poi portato il tema del governo societario al centro dell'attenzione del mercato e delle istituzioni in tutti i principali paesi.
Gli scandali americani hanno infatti posto in modo drammatico il problema di assicurare l'efficacia del ruolo degli organi di amministrazione e controllo degli emittenti quotati di fronte a rischi di comportamenti opportunistici da parte di chi dispone dei poteri di gestione della società. Il "fallimento" dei presidi interni alle società è apparso essere una delle cause fondamentali della mancata prevenzione e della tempestiva rilevazione degli abusi.
Inizialmente, si era ritenuto che le imprese europee sarebbero rimaste indenni da quei problemi, che apparivano riflettere le debolezze e le contraddizioni di un modello di controllo spiccatamente manageriale. Inoltre tali problemi avvenivano in un sistema di vigilanza che aveva sottovalutato alcune funzioni chiave, quali la revisione contabile, e alcuni fenomeni, risultati poi dirompenti, quali la diffusione di rilevanti piani di stock-option e l'ampio e disinvolto uso di strumenti derivati.
Benché si percepisse la gravità e la natura globale dei principali problemi emersi, le reazioni nei paesi europei sono state inizialmente modeste.
Nel 2002 è stato rivisitato una prima volta il Codice di Autodisciplina delle Società Quotate italiane, ma le modifiche non rappresentavano ancora una risposta ai problemi che sarebbero purtroppo emersi di lì a poco in modo drammatico anche in Italia.
Il caso Cirio, prima, ma soprattutto il caso Parmalat, esploso alla fine del 2003, hanno infatti mostrato le debolezze dei sistemi di governo societario basati sul controllo familiare, nei quali proprio i presidi interni alle società hanno fallito per primi la funzione di prevenzione e di vigilanza dei gravissimi abusi, poi accertati, che avevano assunto addirittura la forma di frodi e di falsi.
Casi analoghi, anche se di minore risonanza nel nostro paese, si sono presentati in altri mercati europei, mostrando con chiarezza che ci si trovava di fronte ad una crisi quasi generalizzata, la cui velocità di manifestazione risultava aggravata dal coincidente sgonfiamento della bolla azionaria.
L'Unione Europea ha così accelerato il piano di riforma della regolamentazione dei mercati finanziari, concentrando gli interventi sulle direttive volte a rafforzare l'integrità del mercato e la tutela dei risparmiatori, garantendo strumenti uniformi ed incisivi di intervento alle Autorità di vigilanza. E' infatti del 2003 la direttiva sugli abusi di mercato, che costituisce un punto di partenza per la costruzione di modelli di vigilanza e sanzionatori più rigorosi e dotati di adeguato potere di deterrenza.
Meno tempestiva è stata l'iniziativa europea sui temi del governo societario e del diritto societario, per la maggiore difficoltà di intervenire su fenomeni e istituti profondamente radicati nei sistemi nazionali. Significativa è comunque l'approvazione della VIII direttiva in materia di revisione contabile (in corso di formalizzazione presso il Parlamento Europeo), con la quale è stata realizzata un'operazione di ampio respiro, che prevede l'armonizzazione di numerosi aspetti legati alla revisione legale, quali la disciplina dell'accesso alla professione, i principi etici e d'indipendenza, i principi tecnici di svolgimento della revisione, i sistemi di controllo della qualità e di controllo pubblico sulla professione contabile.
In Italia, dopo il recepimento della direttiva sugli abusi di mercato, che ha anche dotato la Consob di nuove risorse per fronteggiare l'estensione dei poteri e delle competenze, è finalmente giunto a una sofferta conclusione il lungo iter della riforma del risparmio, originariamente concepita come pronta e incisiva risposta agli scandali societari emersi nel nostro mercato.
I due interventi legislativi configurano un disegno di riforma che si propone di definire un quadro organico e coerente di regolamentazione del mercato finanziario che rafforzi la funzione pubblica di vigilanza e introduca maggiori presidi a tutela degli investitori(1).
La Consob è chiamata in questo quadro a proseguire e a intensificare, utilizzando i più incisivi strumenti forniti e le maggiori risorse, l'attività di vigilanza che si è trovata a fronteggiare, a partire dai casi Cirio e Parmalat, ulteriori fenomeni di pari complessità, quali le OPA bancarie e altre vicende legate ai mutamenti di controllo di società quotate.
I mutamenti del controllo rappresentano spesso fenomeni complessi che generano difficoltà nell'assicurare la completezza e la tempestività dell'informazione al mercato e la dovuta tutela degli azionisti di minoranza. Le difficoltà sono state inoltre enfatizzate dalla eterogeneità delle discipline settoriali all'interno del singolo paese e dalle diverse normative nazionali in ambito europeo.
Per quanto riguarda il primo aspetto, le OPA che hanno riguardato società bancarie italiane sono emblematiche della complessità della vigilanza nel caso di operazioni che coinvolgono diverse normative di settore e diverse Autorità di vigilanza. La natura bancaria delle società "bersaglio" comporta infatti la necessità di autorizzazioni preventive, da parte dell'Autorità incaricata della vigilanza prudenziale, per il superamento di determinate soglie di capitale e per l'acquisizione del controllo. La tutela del buon funzionamento del mercato e della parità di trattamento delle parti coinvolte richiede che le diverse Autorità adottino provvedimenti tempestivi e il più possibile sincroni, nel rispetto degli ambiti di competenza di ciascuna Autorità e tenendo conto delle esigenze informative e delle aspettative del mercato.
A livello europeo, la disciplina dei mutamenti di controllo nelle società quotate è stata oggetto di un compromesso, con la direttiva 2004/25 CE in materia di OPA, nel quale si è rinunciato ad un alto livello di convergenza in un settore strategico per la creazione di operatori paneuropei, lasciando agli Stati membri ampia discrezionalità nell'introdurre misure anti-scalata. Con ciò incentivando e non minimizzando la frammentazione delle regole che governano il mercato del controllo societario a livello europeo. Solo quando sarà attuata da tutti i paesi la disciplina di recepimento si potrà verificare il grado di apertura dei legislatori nazionali e il livello di contendibilità delle società sul mercato unico, anche se di recente sono emersi segnali non coerenti con l'obiettivo di apertura e di armonizzazione del mercato europeo.
Delle diverse esigenze che in tale quadro emergono dovrà tenere conto il legislatore italiano nel recepire la direttiva nel nostro ordinamento. L'attuale impianto normativo è stato costruito con un forte orientamento alla tutela del mercato e alla valorizzazione della contendibilità delle società quotate, contribuendo, da un lato, a rendere il mercato italiano dinamico e aperto ai cambiamenti del controllo e, dall'altro, a garantire l'esercizio dei diritti decisionali e patrimoniali da parte degli azionisti di minoranza.
L'impianto complessivo dell'ordinamento italiano in materia di governo societario a tutela degli investitori è stato rafforzato dalla riforma del risparmio che è intervenuta sulle principali patologie manifestatesi con le crisi societarie e su aspetti importanti dell'attività di intermediazione e della struttura del mercato.
Tra le innovazioni della riforma è opportuno richiamare in questa sede le norme sulla quotazione della società di gestione del mercato che consentono di superare gli ostacoli finora incontrati nel trovare soluzioni organizzative e procedurali per il cosiddetto self-listing. La Consob sta svolgendo i necessari approfondimenti, anche sulla base di un confronto con la società di gestione, degli aspetti legati al processo di ammissione a quotazione e all'esercizio successivo delle funzioni di vigilanza.
Più in generale, con la riforma del risparmio viene valorizzata la complementarietà delle funzioni dell'Autorità di vigilanza e della società di gestione del mercato, in particolare nel processo di ammissione, sospensione e revoca degli strumenti finanziari dalla quotazione e degli operatori dalle negoziazioni.
Analoga complementarietà si configura nell'ambito del governo societario, con la funzione attribuita alla Consob di vigilanza sulla attuazione dei codici di autodisciplina degli emittenti.
Fino all'approvazione della legge n. 262/05 l'unico strumento previsto per verificare l'applicazione del Codice era infatti basato sul principio di trasparenza, che richiedeva la dichiarazione di adesione al Codice ovvero l'esplicitazione delle motivazioni del mancato adeguamento. Nulla era previsto in merito alla verifica dell'effettiva rispondenza dei concreti comportamenti rispetto a quanto dichiarato (2).
Oggi, con le modifiche introdotte dalla riforma del risparmio, vengono attribuiti:
1. alla Consob: il compito di stabilire le modalità di diffusione annuale da parte degli emittenti delle informazioni sull'adesione ai codici di comportamento;
2. sempre alla Consob: il compito di vigilare sulla veridicità delle informazioni date sull'adempimento degli impegni assunti e di sanzionare le eventuali violazioni(3) ;
3. all'organo di controllo interno (collegio sindacale o analogo organismo negli altri modelli societari): la funzione di vigilare sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste dai codici di comportamento(4).
La nuova disciplina prevede anche, salvo che le violazioni integrino reati sanzionati penalmente, una sanzione pecuniaria amministrativa da dieci a trecentomila euro per false comunicazioni relative all'applicazione delle regole previste nei codici di comportamento (art. 192-bis del TUF).
Fermo restando il principio della libertà degli emittenti quotati di aderire, anche parzialmente, al Codice di autodisciplina, viene introdotto un controllo di natura pubblica che integra l'autoregolamentazione degli emittenti.
La concreta applicazione di tali nuovi poteri della Consob richiede un'attenta valutazione nella scelta degli strumenti e delle modalità del loro esercizio.
E' necessario che si assicuri la tutela degli investitori attraverso la qualità delle informazioni fornite dalle società e, al tempo stesso, che sia stimolata la più ampia partecipazione degli operatori all'adozione e all'evoluzione di principi di buon governo societario.
Per tener conto di queste esigenze la Consob valuterà con estrema attenzione le modalità di attuazione della vigilanza, sulla base di linee guida precise, riguardanti in particolare :
1. la diffusione delle informazioni sull'adesione ai codici;
2. il rapporto con gli organi di controllo interno;
3. gli strumenti di vigilanza sugli emittenti;
4. gli amministratori indipendenti.
Le modalità con le quali gli emittenti devono diffondere annualmente informazioni sull'adesione ai codici di comportamento dovranno essere improntate alla massima trasparenza sui concreti comportamenti con i quali le società avranno ritenuto di adeguarsi ai principi del Codice.
Più precisamente, dovrà essere fornita una dettagliata e analitica informativa con riferimento all'adeguamento (o mancato adeguamento) a ciascun principio del Codice e ai relativi criteri applicativi, tenendo conto delle indicazioni e degli auspici contenuti nei relativi commenti(5). La Consob potrebbe, inoltre, richiedere informazioni sintetiche in forma tabellare al fine di facilitare una valutazione comparativa delle diverse governance delle società.
Nel prescrivere gli obblighi informativi in merito all'adeguamento al Codice, la Consob potrà avere come utile punto di riferimento la Guida alla compilazione della Relazione sulla Corporate Governance, pubblicata dall'Associazione delle società per azioni e da emittenti titoli S.p.A. nel febbraio 2004 che ha già contribuito al miglioramento dell'informativa. Sarà richiesta, oltre all'informativa annuale, una informativa continua e specifica di aggiornamento in caso di rilevanti variazioni rispetto a quanto dichiarato.
La complessità della nuova attività di vigilanza sulla veridicità delle informazioni fornite in materia di adeguamento ai Codici di autodisciplina, ha indotto il legislatore a considerare come punto di riferimento della Consob gliorgani di controllo interno. Ad essi ora compete una diretta responsabilità di vigilanza sull'effettivo adeguamento alle disposizioni del Codice e sono attribuiti tutti i poteri e gli strumenti necessari per effettuare le valutazioni sostanziali che la disciplina richiede. Al riguardo, con la riforma del risparmio è ora prevista una specifica sanzione amministrativa pecuniaria(6) che potrà essere irrogata dalla Consob in caso di irregolarità nell'adempimento dei doveri di vigilanza spettanti agli organi di controllo interno ai sensi del Testo Unico della Finanza, tra cui il dovere di vigilare sull'adeguamento ai Codici di autodisciplina (art. 193, comma 3, lett. a).
La Consob, a seguito del recepimento della direttiva sugli abusi di mercato, dispone oggi di più penetranti e invasivi poteri di vigilanza (art. 187-octies del TUF). Tali poteri potranno essere utilizzati anche nella vigilanza sulla veridicità delle informazioni fornite o in caso di indizi di mancata rispondenza tra le dichiarazioni degli emittenti e l'effettivo adeguamento ai Codici (ad esempio, segnalazioni degli organi di controllo interno, esposti, ecc.), ovvero nell'ambito di controlli periodici, a campione, che potranno essere effettuati sulla base di criteri oggettivi predeterminati (anche, ad esempio, mediante estrazione a sorte).
Agli amministratori indipendenti viene attribuita una funzione chiave nella dialettica tra le funzioni di gestione e controllo. Finora l'attenzione è stata prevalentemente incentrata sulla loro rilevanza quantitativa, su cui peraltro non sono stati definiti parametri di riferimento né verificati gli effetti che un maggior numero di amministratori indipendenti determina sul miglioramento del governo societario e sulla performance delle società. Vi è l'esigenza di adottare un approccio orientato a valorizzare la qualità dell'indipendenza, sia sotto il profilo dell'effettiva, e non solo formale, rispondenza ai requisiti, sia sotto il profilo delle caratteristiche "positive" che gli amministratori indipendenti dovrebbero possedere, in termini di professionalità e di impegno.
La definizione di indipendenza, finora prevalentemente basata su requisiti negativi, cioè sull'individuazione di situazioni sintomatiche dell'assenza di indipendenza, si sta progressivamente affinando, ma resta per sua natura di difficile standardizzazione e presenta notevoli problemi di verifica, dipendendo da un insieme complesso di situazioni e circostanze legate alle specifiche realtà.
Una maggiore trasparenza sui criteri adottati nella valutazione del possesso dei requisiti di indipendenza e dei profili professionali degli amministratori ritenuti indipendenti potrebbe fornire al mercato un utile strumento per valutare la diversa qualità delle scelte adottate dalle società, stimolando il progressivo miglioramento degli standard comportamentali.
Contribuiscono a realizzare questo obiettivo le disposizioni dei regolamenti Consob che prevedono dettagliati obblighi di trasparenza, su base individuale, della remunerazione e delle partecipazioni dei membri degli organi sociali. Tali disposizioni potrebbero essere utilmente integrate da informazioni sulle caratteristiche di competenza e professionalità dei singoli amministratori e sugli incarichi svolti nel periodo rilevante per valutarne l'indipendenza.
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La Consob svolgerà le nuove funzioni con determinazione e consapevolezza. La vigilanza dell'Autorità pubblica non potrà in ogni caso sostituire la capacità degli operatori di esprimere, nell'esercizio della facoltà di autoregolamentazione, principi dotati di qualità sostanziale e di efficacia operativa. Le modifiche presentate oggi sono un segnale nella giusta direzione.
In particolare, appare positiva la rafforzata centralità del consiglio di amministrazione in sede collegiale. Si prevede l'approvazione preventiva delle operazioni più significative e, in particolare, di quelle con parti correlate, e l'obbligo di effettuare una valutazione annuale del funzionamento e della composizione qualitativa dello stesso consiglio e dei comitati interni. Spetta, infatti, all'intero consiglio valutare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile e il generale andamento della gestione. Il sistema delle deleghe a singoli consiglieri è certamente necessario per gestire con efficienza realtà imprenditoriali complesse, ma non può servire da alibi per far sentire deresponsabilizzati gli amministratori non esecutivi.
Un'altra area su cui sono significativi i miglioramenti del nuovo Codice è quella degli amministratori indipendenti, per i quali vengono ampliati i requisiti di indipendenza, avvicinandoli a quelli della "migliore pratica" internazionale. Si prevede poi una valutazione "sostanziale" e non formale dello status di indipendenza all'atto della nomina e successive verifiche almeno una volta all'anno. Interessante sarà anche vedere l'evoluzione del ruolo del lead independent director, amministratore indipendente che rappresenta un punto di riferimento e coordinamento degli amministratori non esecutivi.
Infine, coerentemente con le previsioni del TUF ulteriormente rafforzate dalla riforma del risparmio, è positiva l'attribuzione al collegio sindacale del compito di vigilare sulla corretta applicazione dei criteri e delle procedure di accertamento dell'indipendenza.
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La determinazione di "buoni" principi e un'efficace attività di vigilanza sono condizioni necessarie perché il sistema di complementarietà tra autoregolamentazione e controlli pubblici svolga un ruolo positivo. Resta però determinante la concreta adozione di comportamenti coerenti con tale quadro da parte delle società e dei soggetti che partecipano alle diverse funzioni societarie. L'indipendenza e la qualità del governo societario si misurano sui fatti e non solo su un'adesione statica a pur buoni principi.
E' d'uopo peraltro ricordare e sempre tenere presente che fine primario dell'operare comune e dell'operare di ciascuno deve essere la tutela del risparmiatore in un clima di ricercata e di elevata fiducia.
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Note:
1. Detti interventi - in particolare la legge 262/2005 - non sono riusciti, però, a definire una netta e completa ripartizione per finalità delle competenze attribuite alle varie Autorità.
2. In particolare, le Istruzioni al Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana prevedono la predisposizione da parte del C.d.A. di una relazione annuale sulla corporate governance con informazioni sull'adesione al Codice e con l'indicazione delle motivazioni della mancata o parziale adesione allo stesso.
3. Nella nuova Sezione I-bis del Testo Unico della Finanza ("Informazioni sull'adesione a codici di comportamento") sono stati introdotti dalla legge n. 262/05 i seguenti articoli:
- l'art 124-bis ("Obblighi di informazione relativi ai codici di comportamento") secondo cui: "1. Le società di cui al presente capo diffondono annualmente, nei termini e con le modalità stabiliti dalla Consob, informazioni sull'adesione a codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori e sull'osservanza degli impegni a ciò conseguenti, motivando le ragioni dell'eventuale inadempimento";
- l' art. 124-ter ("Vigilanza sull'informazione relativa ai codici di comportamento") in forza del quale: "1. La Consob, negli ambiti di propria competenza, stabilisce le forme di pubblicità cui sono sottoposti i codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, vigila sulla veridicità delle informazioni riguardanti l'adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e irroga le corrispondenti sanzioni in caso di violazione".
4. Nell'art. 149 del Testo Unico della Finanza che disciplina i doveri del collegio sindacale è stato introdotto dalla legge n. 262/05 il dovere del collegio sindacale di vigilare "sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi" (art. 149, comma 1, lett. c-bis).
5. Il nuovo Codice presenta una struttura differente rispetto a quella delle precedenti versioni. In particolare ognuno dei 12 articoli è strutturato in 3 distinti livelli: "principi", di carattere generale; "criteri applicativi", contenenti indicazioni di dettaglio sull'attuazione dei principi; "commento", diretto a chiarire la portata di principi e criteri, anche con l'indicazione di esempi. Tale ristrutturazione degli articoli del Codice contribuisce a rendere molto più chiaro il contenuto dei precetti ivi contenuti.
6. Una sanzione pecuniaria da venticinquemila a due milioni e mezzo di euro.