Commissioni riunite
6 a del Senato della Repubblica (Finanze e Tesoro)
e VI della Camera dei Deputati (Finanze)

La ristrutturazione del sistema bancario italiano

Audizione del Presidente della Consob
Luigi Spaventa
Senato della Repubblica
27 aprile 1999

I. Introduzione

La Consob non compie valutazioni sulla convenienza delle singole operazioni di riassetto proprietario delle società quotate, né esercita un controllo sulla plausibilità dei piani industriali che le ispirano. L'investimento del risparmio nel mercato finanziario è infatti tutelato con strumenti tipici, che escludono un esame di merito sulla gestione delle imprese e sono essenzialmente diretti a garantire la massima trasparenza sulla gestione sociale e sugli eventi idonei ad influenzarla. Il fine è di garantire ai risparmiatori scelte consapevoli, contemperando i due principi costituzionali della tutela del risparmio e della libertà d'iniziativa economica, come avviene nella legislazione finanziaria degli altri paesi.

Il recente Testo Unico dell'intermediazione finanziaria (di seguito TUF) ha mantenuto tale impostazione e non ha portato modifiche sostanziali agli istituti volti a garantire la completezza dell'informazione sugli emittenti quotati. Il sistema è stato potenziato con una, sia pure parziale, accentuazione degli strumenti di controllo endosocietario, in particolare attraverso la riforma del collegio sindacale e una maggior tutela delle minoranze azionarie.

Il nuovo quadro normativo enfatizza il ruolo del mercato nell'allocazione ottimale delle risorse, riconoscendo esplicitamente all'art. 91 che obiettivi dell'azione di regolamentazione e controllo sono, oltre a quello generale di tutela degli investitori, l'efficienza e la trasparenza del mercato del controllo societario.

L'efficienza del mercato del controllo societario è stata perseguita dal legislatore tramite una normativa che favorisce la contendibilità delle società quotate. La possibilità che il controllo passi di mano sulla base delle valutazioni del mercato e, in particolare, degli azionisti (quindi, anche senza l'assenso del management) costituisce, infatti, un rilevante incentivo all'efficienza dell'operato degli amministratori e in generale delle società quotate. In questo senso, anche le Opa ostili, comunque più rare, a motivo del maggior costo di acquisto del controllo rispetto alle offerte concordate, rappresentano un importante strumento per contribuire al miglioramento dell'efficienza gestionale.

In sostanza, il TUF ha riconosciuto la primazia del mercato e dei suoi attori: alle lor scelte si è affidato nell'individuazione dell'allocazione delle risorse. La semplicità della normativa e l'eliminazione di limiti amministrativi e burocratici facilita tali scelte, favorisce la ricerca di più alti livelli di efficienza.

L'esplicito riconoscimento di tale primazia è accompagnato dalla altrettanto esplicita affermazione del principio della trasparenza. Quando nella sfera di attività di un emittente quotato si verificano fatti non di pubblico dominio e idonei, se resi pubblici, a influenzare sensibilmente il prezzo dei titoli, gli emittenti stessi devono informarne prontamente il pubblico. Così stabilisce l'art. 114 del TUF, per assicurare condizioni di simmetria informativa tra tutti i partecipanti al mercato e prevenire rischi di abuso.

In questo quadro normativo il consiglio di amministrazione determina collegialmente gli indirizzi strategici della società, controlla l'operato del management, è responsabile di fronte agli azionisti dell'andamento della società. L'attività del consiglio di amministrazione è l'oggetto principale delle valutazioni del mercato: anche nei settori sottoposti a discipline prudenziali è essenziale che il suo funzionamento non sia sottratto alle regole generali previste per tutte le società quotate.

Nel caso della ristrutturazione del sistema bancario le modalità con le quali si realizza la riallocazione degli assetti di controllo, assumono rilievo particolare in quanto le banche rappresentano il 26.8 per cento della capitalizzazione di borsa. Ove, dunque, le operazioni che riguardano il settore siano condotte nel rispetto delle regole di mercato in materia di informazione societaria, di tutela degli azionisti di minoranza, di funzionamento del consiglio d'amministrazione, di svolgimento delle negoziazioni, il relativo beneficio si estende a circa un quarto del listino.

 

II. Il controllo sulle banche quotate

La ristrutturazione del sistema bancario, come peraltro quella degli altri settori che svolgono un ruolo di fondamentale rilievo nello sviluppo di un paese, è sempre il frutto di una combinazione di intervento pubblico e di meccanismi di mercato Quanto si voglia affidare ai meccanismi di mercato, in particolare al mercato del controllo societario, è naturalmente frutto di scelte legislative.

In questo decennio, la riduzione della spesa pubblica, l'introduzione della tutela della concorrenza, le privatizzazioni e, da ultimo, il rafforzamento dei poteri degli azionisti di minoranza e dei controlli endosocietari hanno favorito un meccanismo di allocazione delle risorse affidato più che in passato alle decisioni individuali, con una riduzione dei meccanismi autorizzativi da parte delle autorità pubbliche. Tale orientamento generale di politica economica ha permesso, tra l'altro, che il nostro mercato mobiliare non venisse emarginato dal capitale internazionale: oggi l'investimento di capitali esteri nelle nostre società quotate, limitatamente alle partecipazioni rilevanti, raggiunge mediamente il 6 per cento del capitale sociale.

I recenti sviluppi della finanza, della regolamentazione, delle tecnologie dell'informazione e di gestione dei rischi, fanno sì che l'attività bancaria tradizionale vada perdendo in parte la sua specificità rispetto ad altri settori dell'intermediazione finanziaria. In questo contesto si discute se nella vigilanza possa essere ridotto il ruolo di vincoli e divieti a vantaggio di strumenti che sollecitano i soggetti regolati all'adozione di comportamenti ottimali.

Le tendenze in atto nei mercati finanziari, l'accresciuto livello dei corsi azionari, la disintermediazione bancaria, ragioni fiscali, hanno generato in questi anni una profonda modifica nei valori relativi delle passività finanziarie emesse dalle imprese bancarie. In Italia, per le principali banche quotate, si osserva un ridimensionamento del peso dei depositi, la progressiva sostituzione dei certificati di deposito con obbligazioni e una elevata crescita del valore dei titoli azionari rappresentativi del capitale delle banche. Nelle prime 6 banche quotate, il rapporto fra la somma di depositi e obbligazioni e il capitale sociale valutato ai prezzi di borsa è passato da un valore prossimo a 12 a fine '93, a un valore prossimo a 3 a metà '98 (tav. l). Se è opportuno tenere in debita considerazione la tutela dei depositanti, analogamente non deve risultare contratta la tutela degli altri soggetti che in altre forme affidano i loro risparmi alle imprese bancarie; tale tutela è assicurata dal rispetto delle regole che presidiano il funzionamento dei mercati e delle società quotate.

L'esperienza recente, soprattutto in paesi finanziariamente più evoluti del nostro, dimostra inoltre come gli effetti destabilizzanti di maggiore portata per il sistema bancario derivino dai rapporti che le banche hanno con altri intermediari finanziari meno regolamentati ma impegnati in attività di trasformazione di rischi e scadenze ancora più intensa di quella tipica dell'attività bancaria tradizionale.

Il problema della convivenza tra due ordinamenti per i soggetti che, oltre a svolgere l'attività bancaria, si rivolgano al mercato non è nuovo ed è stato seriamente preso in considerazione al momento dell'emanazione della nuova normativa sull'intermediazione finanziaria. La linea seguita dal legislatore è ispirata alla convinzione che l'affiancamento alle regole vigenti per le banche (o per le assicurazioni) di norme finalizzate alla trasparenza e alla tutela degli azionisti non contrasta con le esigenze di stabilità e in alcuni casi possa favorirle. E' stata pertanto esclusa un'ipotesi di inapplicabilità alle società sottoposte a vigilanza prudenziale delle norme di tutela degli azionisti.

Tale linea di fondo ha condotto, nella fase di predisposizione del Testo Unico, a rendere in via generale applicabili a tutti gli emittenti che fanno appello al pubblico risparmio le medesime regole. Le eccezioni sono state ridotte al minino e sono tendenzialmente giustificate dalla necessità di evitare sovrapposizioni tra controlli previsti dalle normative di settore e controlli della medesima natura previsti dalla normativa sul mercato finanziario. Ad esempio, continua a non essere applicabile alle banche, anche a quelle con azioni quotate, l'art. 2409 c.c: la denuncia ad opera di un ventesimo di soci o da parte del collegio sindacale è in tal caso effettuata alla Banca d'Italia, che è in grado di esercitare poteri particolarmente ampi.

L'obiettivo perseguito ha richiesto l'adozione di norme di coordinamento. Ciò è ad esempio avvenuto in materia di controlli contabili. Uno degli elementi qualificanti il nuovo assetto interno delle società con azioni quotate è la netta separazione tra compiti del collegio sindacale e compiti della società di revisione, con l'affidamento a quest'ultima dei controlli contabili e al collegio sindacale di compiti di controllo sull'amministrazione più ampi e definiti rispetto a quelli indicati dal codice civile.

Tale riforma avrebbe potuto determinare interruzioni del circuito informativo, concernente anche le questioni contabili, di cui la vigilanza bancaria necessita per svolgere i propri compiti, posto che il referente esplicitamente previsto dal Testo unico in materia bancaria (TUB) era il solo collegio sindacale. Il problema è stato superato estendendo alle società incaricate della revisione contabile il ruolo di referente nei confronti della Banca d'Italia.

Altri esempi di interventi di coordinamento sono rinvenibili nella normativa sui bilancio consolidato e nella disciplina sui requisiti di professionalità e onorabilità dei membri del collegio sindacale.

Inoltre, non sono oggi più presenti le esenzioni dal rispetto di obblighi informativi precedentemente previste per le banche che avessero quotato esclusivamente obbligazioni e altri titoli emessi nell'attività di raccolta del risparmio. Peraltro, e ciò è stato più volte rilevato dalla Consob come un elemento di contraddizione rispetto alla filosofia di fondo del TUF, tali esenzioni sono state mantenute nel caso in cui le obbligazioni, pur essendo diffuse fra il pubblico, non sono quotate.

Gli interventi di coordinamento esplicitamente realizzati con la nuova legge sono conseguenza della necessità di contemperare gli interessi dei depositanti con gli interessi degli investitori. Quando il legislatore non ha previsto un esplicito coordinamento, come nel caso delle offerte pubbliche, le norme, anche quelle preesistenti, vanno interpretate in modo da renderle compatibili con i principi della disciplina del mercato finanziario.

 

III. Le acquisizioni di partecipazioni e le offerte d'acquisto nel caso delle imprese bancarie

Nel corso degli ultimi anni gli assetti proprietari delle banche italiane quotate in borsa sono profondamente mutati. La struttura dell'azionariato risulta meno concentrata che in passato: si è ridotto il peso dei soggetti pubblici, mentre è aumentato quello dei soggetti esteri e del mercato. Il processo di privatizzazione ha portato la quota dello Stato nella capitalizzazione di borsa delle banche quotate dal 21 per cento di fine 1992, all'1 per cento di fine 1998. Anche il peso delle fondazioni nel capitale

delle banche quotate è sceso considerevolmente: la quota della capitalizzazione delle banche quotate riconducibile alle fondazioni è scesa dal 34 al 17 per cento. Parallelamente è aumentato il grado di diffusione azionaria: la quota degli azionisti con partecipazioni inferiori al 2 per cento del capitale delle banche è passata dal 32 per cento al 57 per cento circa. Tra gli azionisti di rilievo è aumentato il peso dei soggetti esteri che detenevano a fine 1998 l'8,5 contro il 2,7 a fine 1992 (tav.2).

Le banche quotate per le quali non è possibile individuare un singolo soggetto controllore a fine 1998 erano 14, su un totale di 35, e pesavano per oltre la metà della capitalizzazione del settore. A fine 1992 le banche non controllate da un singolo soggetto erano solo 2, su un totale di 26, e pesavano per circa il 6 per cento della capitalizzazione del settore.

La drastica diminuzione delle banche controllate da un solo soggetto è stata in parte bilanciata da un aumento nel grado di integrazione proprietaria fra le imprese operanti nel comparto dell'intermediazione finanziaria: a fine 1998 le banche quotate controllate da altri intermediari finanziari (banche e assicurazioni) pesavano per oltre il 30 per cento della capitalizzazione dell'insieme delle banche quotate, contro il 4 per cento circa a fine 1992 (tav. 3). Tale fenomeno ha dato luogo ad una complessa rete di partecipazioni tra gruppi finanziari quotati che non facilita la contendibilità del controllo.

Le acquisizioni di banche quotate da parte di altre banche (quotate e non) realizzate nel periodo 1992-98 sono state tredici, interessando prevalentemente banche di piccola e media dimensione (tav. 4). Undici di queste sono avvenute per il tramite di una cessione concordata del pacchetto di controllo e sono state quindi seguite da un'OPA successiva obbligatoria. In due casi l'acquisizione è avvenuta tramite offerta preventiva (Credito Romagnolo e Banca Popolare di Luino e Varese), ma in uno solo di questi l'operazione ha avuto carattere ostile (operazione Credit-Rolo). In meno della metà dei casi, inoltre, all'acquisizione del pacchetto di controllo ha fatto poi seguito la fusione fra banca acquirente ed acquisita. La banca acquisita continua quindi spesso ad operare come unità operativa distinta dalla banca acquirente.

Di norma il prezzo pagato per la cessione del pacchetto di maggioranza, ovvero quello dell'offerta preventiva, ha largamente superato il livello raggiunto dalle quotazioni nei mesi precedenti. Ciò rappresenta, in qualche misura, un fatto normale, visto che il valore assegnato dall'acquirente al pacchetto azionario rilevato incorporava il premio per il controllo ed i benefici attesi dalla nuova gestione della banca acquisita.

L'analisi della performancedi borsa delle banche interessate dalle acquisizioni rivela un aumento delle quotazioni statisticamente superiore a quello implicito nel movimento dell'indice di mercato, sia nel caso delle banche acquisite che in quello delle banche acquirenti. Vi sono cioè extra-rendimenti in capo alle banche acquisite, e ancora di più in capo alle acquirenti. In media i prezzi aumentano di circa il 20 per cento al netto della variazione dell'indice di mercato; tra i 120 giorni precedenti e i 250 giorni successivi il passaggio di controllo. Sembra quindi che le considerazioni sui possibili incrementi di efficienza facciano premio sull'impatto immediato del consistente esborso finanziario necessario per l'acquisizione.

Un aumento delle quotazioni, per quanto sensibile, non è necessariamente indice di un reale aumento nel valore delle imprese: invero, esso potrebbe essere sintomatico soltanto di un trasferimento di ricchezza dall'acquirente al venditore, ed alla generalità dei piccoli azionisti che beneficiano di un'Opa successiva obbligatoria.

Non pare però che le acquisizioni di banche quotate avvenute negli ultimi anni abbiano rappresentato soltanto un "gioco a somma zero". In quasi tutte le operazioni il nuovo assetto proprietario ha creato le condizioni per la rimozione di inefficienze e comportamenti subottimali. Inoltre, il cambio dell'azionista di controllo sembra avere avuto effetti mediamente positivi sui fondamentali delle banche quotate acquisite. Utilizzando una media di indici di redditività, produttività, qualità dell'attivo e patrimonializzazione, l'effetto delle incorporazioni sull'assetto gestionale delle banche acquisite pare essere generalmente positivo: si ha un miglioramento in sette casi su nove, mentre nelle restanti occasioni il deterioramento appare complessivamente marginale (tavola 5). Tali risultati sono confermati da studi condotti da ricercatori della Banca d'Italia sull'insieme delle acquisizioni bancarie dell'ultimo decennio da cui risulta che il cambio del controllo porta ad un aumento della redditività e ad una riduzione delle sofferenze.

Infine, se il prezzo pagato dalla banca acquirente per il passaggio dei controllo e per l'Opa fosse eccessivo, e non adeguatamente giustificato dalle caratteristiche economico-reddituali della banca acquistata, si avrebbe un mero trasferimento di valore dagli azionisti dell'acquirente a quelli della banca acquisita, e le quotazioni della prima dovrebbero evidenziare un andamento negativo. Non emergono invece evidenze di questo tipo; al contrario (pur con le opportune cautele dettate dall'esiguità dei casi analizzati), pare di poter dire che il mercato premia anche il compratore, riallineandone verso l'alto i corsi.

Questo è lo scenario nel quale si inseriscono i più recenti progetti di integrazione tra banche quotate.

Le cautele dell' autorità di vigilanza sul settore bancario circa offerte non concordate sono motivate dal timore che una procedura lunga e conflittuale generi incertezze, particolarmente pregiudizievoli nel caso di banche. Per questa ragione i regolamenti riconoscono che un'offerta di acquisto non possa aver luogo in mancanza di autorizzazione dell'autorità di vigilanza. All'esercizio di questi poteri non può essere d'altra parte sacrificata l'esigenza di assicurare la trasparenza sulla decisione di promuovere l'operazione, necessaria per garantire il buon funzionamento del mercato.

La materia è disciplinata dall'art. 5, comma 1, del regolamento Consob sugli emittenti che prevede che l'intenzione di promuovere un'offerta sia resa "senza indugio" nota al mercato, oltre che alla società destinataria e all'autorità stessa.

Il presupposto dell'adempimento dell'obbligo non è l'esistenza di un semplice progetto in corso di definizione ma di un'iniziativa già uscita dalla fase preparatoria, definita nei suoi elementi essenziali e deliberata dall'organo competente ad assumerla. In sostanza, la pubblicità obbligatoria dell'intenzione di lanciare un'Opa interviene nel momento in cui l'operazione progettata entra nella fase della realizzazione e iniziano ad essere assunti dalle varie parti interessate (offerenti, consulenti, garanti, soggetti chiamati a costituire consorzi per l'offerta) impegni vincolanti e ad essere poste in essere attività concrete che richiedono il coinvolgimento di un vasto numero di soggetti.

E' in questo momento che i rischi per il regolare funzionamento del mercato derivanti dalla mancata diffusione di precise notizie assumono un rilievo cruciale e solo un'informazione completa e trasparente può evitare abusi e violazioni di vario tipo; dall' insider tradingvero e proprio, all'assunzione di posizioni forti di appoggio o contrasto al potenziale offerente, sino all'avvio di "tecniche di difesa".

Queste sono le ragioni per cui, non appena uscita dalla fase progettuale, l'operazione deve essere resa nota al mercato. E ciò anche se l'offerente non dispone ancora di alcuni dei presupposti di procedibilità dell'offerta (ad es. delibere assembleari, autorizzazioni richieste da normative di settore, ecc.) che gli consentano di redigere un testo definito del documento di offerta e di procedere, dopo i controlli della Consob, alla sua pubblicazione e alla raccolta delle adesioni.

Quanto fin qui esposto è ancor più evidente nel caso in cui il potenziale acquirente tramite Opa sia esso stesso una società quotata; in tal caso, gli obblighi di trasparenza riguardano anche l'acquirente e conseguono non solo alla normativa sulle offerte ma anche alla disciplina dell'informazione price sensitive.

In generale nello svolgere i propri compiti la Consob esercita un margine di discrezionalità limitato dalla legge in vari modi: attraverso la previsione di norme generali che richiedono di essere soltanto specificate in sede regolamentare; attraverso la previsione della necessità di indicare preventivamente i presupposti per l'eventuale applicabilità o inapplicabilità di regole. L'intervento regolatore della Consob e i limiti alla sua discrezionalità contribuiscono a determinare una situazione in cui possano convivere la necessaria certezza degli operatori sulle conseguenze delle loro azioni e una flessibilità della normativa tale da consentire il costante adeguamento delle regole alla mutevole realtà del mercato.

Occorre, in conclusione, che la necessaria riservatezza delle procedure connesse alle valutazioni della Vigilanza bancaria non venga anteposta all'informazione del mercato e che, in presenza di situazioni quali quelle sopra descritte di compiuta definizione del progetto di acquisizione tramite OPA, le procedure autorizzatorie si svolgano in parallelo all'adempimento degli obblighi informativi previsti dal TUF.

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L'analisi compiuta testimonia che il rapporto tra norme sul mercato finanziario e normativa di settore richiede una loro applicazione coordinata, avendo presente le rispettive finalità.

La concomitante applicazione di discipline diverse è del resto già risolta dall'ordinamento: la legge n. 287/90 dispone infatti che la comunicazione all'Autorità Garante è effettuata contestualmente alla comunicazione alla Consob e l'art. 17, comma 2, della stessa legge prevede esplicitamente che l'avvio dell'istruttoria sulla concorrenza "non impedisce la realizzazione di un'offerta pubblica di acquisto ...sempre che l'acquirente non eserciti i diritti di voto".

Il contemperamento di diversi interessi, presidiati da diverse discipline, pone obiettivamente problemi complessi. Dopo un approfondito esame dell'esperienza compiuta con la recente normativa potranno rendersi necessari interventi di modifiche legislative e regolamentari, anche per migliorare il coordinamento tra norme di settore e norme sul funzionamento del mercato finanziario. Fino a quel momento, la piena collaborazione fra istituzioni costituirà un importante presidio per il corretto funzionamento del mercato.